Una serata all'insegna dell'artigianato
della cucina e delle usanze di un tempo.

L'impagliatore di sedie

il corbellaio

le stuoie

il ricamo e "l'aghetto"

ed ecco la cucina

il pane

una vecchia filastrocca recitava:

Capra capretta
che salta e balletta
e quello che caca
lo mangia anche il Papa...!

si tratta dello "staccio" (setaccio)

 

la polenta

 

le verdure dell'orto

 

 

frittata di zucchini

bruschette

spiedini di verdure e affettati

mentre la gente sgranocchiava il coro della "Befana delle seimiglia"
si esibiva in canti popolari


 

un balletto di ragazzine della corte

 

poi è arrivato....

il "Pesciarolo" d'Orbicciano

(racconto di Giancarlo Lorenzi)

 

 

Il pesciarolo di Orbicciano (di Giancarlo Lorenzi)

 

In ogni paese qualche tempo fa, c’era il giorno in cui passava il “pesciaio. “Domani passa il pesciaio!” dicevano le donne nelle corti. Doveva essere il venerdì, per via della vigilia, ma siccome il “pesciaio” non poteva lavora’ solo di vernedì, andava a fin’ che la gente la vigilia la faceva un po’ vando capitava. A chi toccava il martedì, chi il mescole chi il giovedì. I più arrabbiati erino velli che ni toccava di falla di sabbato erin quelli dell “Billona”, di ”Arsina” e della “Cappella”. Senza contà i preti. Levato velli di “San Macario” e di “Santa Maria a Colle” dove il pesce la gente l’aveva sempre di verneddì, tutti l’altri dicevino: “o che… s’è mai visto fà vigilia vando ni pare a ognuno?” Tutto questo accadeva fino a quando un arivò quello che in seguito tutti avrebbero chiamo “il pesciarolo d’Orbicciano”. Lui non fece storie. Appena arrivato, parlò con tutti i preti e co’la gente, e disse, che tutti l’anni arebbe cambio giro, in modo che ogni cinqu’anni tutti i paesi potessino fà la vigilia nel giorno comandato dal “Signore”.

Di più lù un poteva fà e certamente anche “Nostro Signore” arebbe capito che quando c’è una moglie e de’ figlioli che han fame, un si pò guarda tanto per il sottile. La povera gente si sa, s’accontenta di pogo, cosicché da quel momento in poi, un ci furono più discussioni, anzi, vando le donne di vesto o di ver paese, si incontravino al mercato o a “Lucca”, si davino di gomito e si dicevino: ”o quando la fate la vigilia quest’anno voaltri?” Ora che abbino fatto veste precisazioni, parliamo del pesciaio, anzi del “pesciarolo”, come ormai tutti lo chiamavano. Nessuno seppe mai il su nome neanco velli de paesi più vicini a dove stava. Si sapeva solo che veniva da “Orbicciano”, che per molto tempo era vissuto in mare, imbarcato su na nave dalla quale era sceso quando s’era sposo e soprattutto si sapeva che era un brav’uomo oltre che un gran burlone. Durante i sù passaggi, era solito accosta le donne sù clienti, con le specie di pesci che vendeva, e cosi c’era vella “piatta come una sogliola “ in “Corte Pistelli”, vella “che sguscia come un’anguilla” in “Corte Bianchini”, vella “dura come uno stoccafisso” in “Corte Francesconi” e così via. In più aveva un modo inconfondibile di annuncià il sù arrivo e anche se durante la settimana a “S.Alessio” passavano “il merciaio”, “l’ogliaro” o “l’ortolan”, lù era vello che la gente aspettava di più, e che in ogni corte, in ogni situazione, anche la più disgrassiata, risciva sempre a strappà un sorriso. Tanti avevino comincio a usà i microfani, velli a batteria, ma “il pesciarolo” un’ aveva di bisogno.

La sù voce, “passava 7 mura ”. “Donne! Venite fora che c’ho l’anguilla” urlava, e subito dopo: “un sarago come il mio, un ce l’ha nessun!”. E allora c’era vella sposa di “Corte Falchetto” che burlona pure lé, stava allo scherzo e gli rispondeva: ”me lo posso immaginà che sarago ci devi avè!” o quell’altra in “Corte Botticini” che diceva: “ora un’è tempo per l’anguille di mare, en meglio le nostre di fiume!”. Lù allora rincarava la dose: “O signora! Se un la voi da me l’anguilla, vol dì che l’hai già mangiata!”. Oramai le allusioni del “pesciarolo”, erino diventate una cosa normale e conosciuta da tutti. A questo punto si dirà: e i mariti non dicevin nulla? Be! Intanto vando passava lù, erino guasi tutti a lavorà; chi era in fabbrica, un lo sentiva, chi invece era né campi, un faceva in tempo a capì in duv’era. Ir “pesciarolo” aveva ‘na moglie che era, se così possiamo dì ”bella in ciccia” e soprattutto ”di mattarello facile”, per cui lù si guardava ben d’andà più in là delle parole. Anche se a dì il vero un par di vorte che aveva esagerato anche con quelle, dovette scappà a tutta manetta, senza nemmeno riscuotere il conto del pesce. Dei venditori di una volta, oggi un c’è più traccia e anche il nostro “pesciarolo di Orbicciano” alla fine se n’è andato ( l’utime notizie che lo davino ancora imbarcato su ‘na nave, al largo delle Isole Azzorre). Quelli de’ venditori ambulanti, sono stati bei tempi finchè è stato possibile. Ai giorni nostri fra registratori di cassa, scontrini, scontroni e ammennicoli vari, un passa guasi più nessun e quelli rimasti, han delle specie di negozi sulle ruote, che sembrino dei supermercati. Quelli che invece rimangono, sono i ricordi che le persone lasciano in noi al loro passaggio e, anche se questa è una storia inventata, chi ha qualche anno in più sulle spalle, certamente ogni tanto entrando in uno dei tanti centri commerciali della nostra zona, chiudendo l’occhi, tornerà con la mente a quando da “S.Alessio”, passava “il “Mencacci”, i primi tempi addirittura con la bicicletta, oppure “Alfio il Castagnino” col suo carretto della frutta ma….. sitti…! Ascortate.. ma… un sembra anco a voartri di sentì una voce… d’un pesciaio..?

Conduttore della serata

Gavorchio

 

dove si trova

(Bollino VERDE) Ponte di Monte S. Quirico

(Bollino ROSSO) Corte Pistelli